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La storia unica di Makazole Mapimpi, campione del mondo

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view post Posted on 7/11/2019, 11:56     +1   -1
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The Leggendary Vampire
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Cresciuto molto lontano dal rugby che conta, a 27 anni non aveva mai avuto un contratto professionistico. È diventato titolare e protagonista negli Springboks

Ne ha fatta di strada, Makazole Mapimpi. A piedi, da ragazzino, doveva camminare per 10km ogni giorno per raggiungere la sua scuola, come ha raccontato l’assistant coach degli Springboks Mzwandile Stick di recente. Da grande Mapimpi poi ha cominciato a correre, ogni anno sempre più forte, più sicuro e consapevole dei propri mezzi su quella fascia sinistra del campo che conosce così bene.

L’ultimo scatto è stato anche il più bello, con la meta segnata nella finale della Rugby World Cup 2019 per il Sudafrica che ha spaccato il match contro l’Inghilterra. L’accelerazione definitiva in una carriera molto particolare, esplosa nel giro di due anni (letteralmente) e che ha portato Mapimpi a toccarne l’ apice nelle ultime settimane trascorse in Giappone, da sorprendente protagonista della squadra campione del mondo.

Crescere a Eastern Cape

Tutte le dichiarazioni di giocatori e allenatori sudafricani, dopo la vittoria del Mondiale, hanno ruotatol attorno a un concetto comune: il successo potrà essere importante per compattare una nazione afflitta da troppi problemi e tante criticità. Nella provincia del Capo Orientale (colpita fra l’altro da un periodo di devastante siccità proprio nelle scorse settimane), di cui è originario Mapimpi, la criminalità è a livelli talmente elevati da far dichiarare a un politico della regione, lo scorso settembre, che “stiamo perdendo i nostri valori morali e umani. Non c’è più rispetto per la vita altrui, le persone commettono crimini brutali e senza senso. E i criminali chiaramente non hanno più paura di essere arrestati”.

In un contesto non molto diverso è cresciuto Makazole Mapimpi, più precisamente nella comunità rurale di Tsholomnqa, lontano dalle scuole private in cui emergono quasi tutti i migliori rugbisti del Paese. Mapimpi, classe 1990, non è mai stato un privilegiato, né ha mai avuto un percorso chiaro da poter seguire durante e dopo la sua adolescenza. Per dire: anche Siya Kolisi è cresciuto in una famiglia poverissima, ma ha avuto la possibilità di entrare a far parte di un college piuttosto prestigioso a Port Elizabeth, che gli ha aperto la strada verso l’alto livello. Mapimpi, come vedremo, ha dovuto faticare molto di più.

Ma soprattutto, all’inizio della sua carriera, Mapimpi di fatto non aveva una famiglia. In successione, ha perso la madre (Eunice) per un’incidente automobilistico, la sorella (Zukiswa) per una malattia al cervello e il fratello (Zolani) per le complicazioni legate alla perdita di una gamba, dopo essere rimasto fulminato mentre cercava di rubare dell’elettricità.

In una recente intervista rilasciata al sito sudafricano New Frame, Mapimpi ha detto che se la madre e la sorella fossero state vive, lui non sarebbe stato in Giappone. “Erano contrarie al fatto che giocassi a rugby, perché pensavano che non avrei potuto guadagnarci nulla. Avrebbero insistito nel farmi studiare o nel farmi trovare un altro lavoro”.

“Ovviamente non sto dicendo che sia un bene che non ci siano più. Ma la loro assenza mi ha rafforzato e indurito, e mi ha fatto pensare che la mia presenza qui (alla Coppa del Mondo, ndr) sia un segnale del piano di Dio”. Il segno di questi lutti, per Mapimpi, si presenta in modo differente: quando guarda i suoi compagni di squadra e i suoi avversari, lui “avverte il dolore” di non avere il sostegno di nessun familiare stretto.

Coincidenze

La sua prima esperienza a un certo livello arriva solo nel 2014 con i Border Bulldogs in Vodacom Cup, torneo che si gioca in contemporanea al Super Rugby. I Border Bulldogs sono una squadra di East London che, in quei mesi, stavano affrontando il fallimento della loro squadra professionistica. La decisione dell’allora dirigenza è di ripartire dal basso, chiamando alcuni giocatori amatoriali per contenere il più possibile i costi.

Uno di questi è proprio Mapimpi, che fino a quel momento era solo un giocatore molto apprezzato nei dintorni di Tsholomnqa, un’area in cui difficilmente gli osservatori delle squadre più prestigiose della provincia portano avanti attività di scouting. Per questa serie di coincidenze, però, Mapimpi entra a far parte dei Bulldogs e inizia a sua insaputa una lenta ascesa nella piramide del rugby sudafricano.

Nelle prime sette partite in Vodacom Cup segna tre mete. In quello stesso anno, i Border Bulldogs lo fanno esordire anche nella seconda divisione della Currie Cup, la principale competizione nazionale in Sudafrica. In quel momento, ha raccontato Mapimpi pochi mesi fa, quell’esperienza gli era sembrata il punto più alto che la sua carriera potesse raggiungere.

Come sappiamo, il Mapimpi del 2014 e del 2015 si sbaglia di grosso. L’ala resta fino al 2016 con i Borders, districandosi fra la seconda divisione della Currie Cup e tornei principali, fino al secondo momento che segnerà una vera svolta nella sua vita.

La svolta

I Kings, la franchigia di Port Elizabeth, lo ingaggiano per il Super Rugby 2017 e gli offrono il primo contratto da professionista. Mapimpi ha 27 anni, fino a poco tempo prima faceva fatica a esprimersi in inglese ma ha finalmente l’occasione per realizzarsi pienamente come giocatore di rugby. Come giocatore è un diamante grezzo: le qualità fisiche e atletiche di Mapimpi, falcata da quattrocentista e baricentro basso, del resto non sono in discussione.

“Nelle zone rurali, se calci un pallone l’allenatore ti fa uscire dal campo – ha detto di recente Stick, parlando dell’evoluzione dell’ala – Non ti è permesso calciare. Devi solo correre e ricevere il pallone, questo è tutto”. Per limare i difetti però ci sarà tempo, perché ai Kings, squadra di bassa classifica e con ambizioni ridotte, va bene così. Il piano di gioco d’altronde è disegnato per esaltare le doti da corridore puro di Mapimpi, che gioca 14 partite sempre da titolare e segna 11 mete alla sua prima stagione nel torneo più importante dell’emisfero Sud.

Nel frattempo, i Kings vengono esclusi dal Super Rugby insieme ai Cheetahs e vengono inglobati nel Pro14. Mapimpi, che già ad aprile 2017 sapeva di trasferirsi proprio ai Cheetahs fino a fine 2018, si ritrova dunque a giocare per la franchigia di Bloemfontein in un altro torneo, ben diverso per caratteristiche e avversari. Nemmeno i Cheetahs hanno un piano di gioco piuttosto raffinato, per cui Mapimpi può continuare a esaltarsi e a devastare le difese avversarie non appena ha un po’ di spazio davanti a sé: segna 10 mete in 13 partite, ma gioca fino a gennaio. A novembre Mapimpi riceve la chiamata degli Sharks e da febbraio torna nel Super Rugby, per salire un altro gradino.
 
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